Il gruppo si riunisce dopo la pausa natalizia accogliendo con entusiasmo nuovi lettori.
Il romanzo oggetto del dibattito di questa sera è “L’arminuta” di Donatella di Pietrantonio.
In generale è piaciuto a tutti anzi, c’è chi si è affezionato così tanto alla protagonista da immaginare un possibile seguito.
Ancora una volta il tema è quello della genitorialità dell’anima: una bambina neonata viene affidata dalla madre naturale ad una parente acquisita perché la cresca come se fosse figlia propria, ma divenuta adolescente viene restituita alla madre naturale senza apparente valido motivo.
Il segreto del suo ritorno nella famiglia d’origine viene svelato solo alla fine del libro e per tutta la vicenda la protagonista vive il dramma di un abbandono totale e immotivato da parte di chi l’ha cresciuta e che d’un tratto l’ha allontanata costringendola a rivoluzionare la propria vita. Nella nuova casa incontra povertà e degrado: il senso dell’abbandono è doppio, dunque, sia come negazione dell’amore di cui l’arminuta ha sempre goduto, sia come rinuncia ai privilegi tipici delle famiglie abbienti come la possibilità di ricevere un’istruzione, di fare sport, di andare in vacanza.
In compenso scopre l’affetto e la complicità di una sorellina minore, che si rivela essere il vero personaggio positivo e luminoso dell’intera storia: insieme le due sorelle stringono un rapporto solido che le salva entrambe ed è destinato a continuare per sempre.
La scrittrice usa alcuni accorgimenti stilistici e narrativi riguardo ai nomi dei personaggi per sottolineare il sentimento di estraneità provato dalla protagonista: il nome di battesimo dell’arminuta, ad esempio, resta ignoto al lettore e lei stessa non riesce a chiamare “mamma” colei che l’ha generata, almeno nella prima parte del romanzo.
Questo espediente si dimostra efficace ad aumentare l’empatia con la protagonista e a rendere realistica la sua personale crisi di identità.
Il gruppo si trova a riflettere su tanti temi legati alle fragilità della famiglia, dove sembra chiaro che i bambini si legano alla madre di relazione piuttosto che alla madre di sangue: perciò l’arminuta soffre per la lontananza da colei che l’ha cresciuta e vive la scoperta della verità come il peggiore dei tradimenti.
Sembra anche che vadano concesse alcune attenuanti nel considerare il comportamento degli adulti (sia i genitori naturali che i genitori adottivi) se si tiene conto dell’epoca e del contesto sociale in cui si svolgono i fatti, ossia la società contadina del meridione depresso e retrogrado degli anni settanta: la domanda che ci poniamo è se la storia sarebbe stata diversa qualora si fosse svolta in questi nostri anni, in cui è caduto il forte stigma sociale che un tempo colpiva i divorziati. Molti concordano, a tal proposito, nel dire che l’esperienza del divorzio resta comunque ancora oggi lacerante, soprattutto per i bambini, di qualunque età siano.
Quel che è evidente a tutti è il fatto che l’arminuta è rimasta vittima dell’incomprensibile leggerezza e dell’egoismo di adulti incapaci di vero amore.
Al termine dell’incontro fissiamo il prossimo appuntamento per il 15 febbraio 2020 e sorteggiamo il nuovo titolo: “Friday Black”, di Nana Kwame Adjei-Brenyah, edizione BigSur.