Ci incontriamo dopo la pausa estiva contenti di riprendere i nostri appuntamenti mensili e per discutere del romanzo “L’uomo che metteva in ordine il mondo”, di Fredrik Backman.
Ci troviamo subito divisi, come mai prima d’ora, nel darne un giudizio, il che ci sorprende perché ancora una volta capiamo quanto diverso possa essere l’impatto provocato da un testo su ognuno di noi: la personalità del lettore, l’età e la capacità di entrare in risonanza con il protagonista sono determinanti a tal punto che sembra quasi che i presenti non stiano parlando dello stesso libro.
E’ piaciuto o no? La vicenda ha appassionato o ha annoiato? Lo stile ripetitivo e freddo riflette le caratteristiche della figura del protagonista? Queste le prime domande che affiorano a inizio dibattito.
La vita tranquilla e monotona del pensionato Ove, rimasto da poco vedovo dopo la morte della amatissima moglie e ormai deciso a uccidersi per l’incapacità di trovare una ragione di vita, viene scombinata dalle invadenti interferenze dei nuovi vicini di casa e di altri personaggi allegri e confusionari che finiscono per trascinarlo in una serie di avventure caotiche, divertenti e tragicomiche.
Secondo una lettura sociale, il libro potrebbe rappresentare la messa in ridicolo del modello nordico “dalla culla alla tomba”, che tutela la società degli individui attraverso uno stato sociale equo ed efficiente; la storia mette in scena uno spaccato della società svedese, che sembra considerare “vecchio” un uomo di cinquantanove anni.
Ove non è il tipico misantropo bensì un uomo coerente con se stesso, con un alto senso della giustizia, che si trova a vivere in un mondo dove le regole rigide non sono l’ideale per risolvere le questioni della vita.
Due lettori dicono di avere trovato delle somiglianze fra Ove e il Clint Eastwood di Gran Torino.
Terminato il dibattito è stato sorteggiato il nuovo titolo: “Più grandi dell’amore” di Dominique Lapierre.