Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 

Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». 

All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.

Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».


Chiamati a brillare

Quanto sarebbe stato bello vedere Gesù così splendente, tra Mosè ed Elia! Pietro, Giovanni e Giacomo hanno avuto la fortuna di vedere con i propri occhi ciò che avevano creduto solo con la fede.

Gli apostoli erano abituati a vedere Gesù come uno di loro, che camminava con loro, mangiava con loro, si stancava e si ammalava come loro, ma vederlo trasfigurato sul monte Tabor, deve essere stato un’esperienza indimenticabile.

Gesù era sempre stato il “Dio-con-noi”, gli apostoli avevano questa ricchezza in mezzo a loro ma forse si erano abituati, o forse non riuscivano a vedere oltre l’umanità di Gesù.

LA LUCE DENTRO DI NOI

Anche noi alle volte dimentichiamo la presenza di Dio in noi, il Suo amore, la Sua grandezza. Siamo tanto abituati ad avere Dio così vicino che forse queste due settimane passate in precarietà sacramentale e comunitaria potrebbe farci tanto bene per ricordare questo dono che abbiamo dal momento del nostro battesimo.

«Quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo?» (Dt 4,7). Queste parole che Mosè ha detto al popolo d’Israele potrebbe dirle anche a noi. Dio è dentro di noi, è profondamente radicato in noi, ma è il nostro compito farlo brillare, anzi, LASCIARLO brillare.

Sì, Dio brilla di suo, e tanto! Ma se noi non lo vediamo è solo perché siamo troppo intenti a guardare fuori e guardiamo poco dentro di noi.

FAR BRILLARE GESÙ

È vero che l’Eucaristia è il mezzo privilegiato per unirci a Lui, per guardarlo e parlare con lui, ma questo digiuno sacramentale non elimina in assoluto la presenza di Dio nella nostra anima. Gesù è ancora lì, e vuole brillare dentro di noi e attraverso di noi, non dobbiamo usare l’assenza della messa per giustificare l’opacità della nostra anima.

Ci sono tanti mezzi per far brillare Gesù dentro e fuori di noi: la preghiera personale, la lettura spirituale, il rosario e altre devozioni, la carità fraterna, la testimonianza di vita cristiana. I mezzi non ci mancano, è la pigrizia che ci gambizza…

C’è poi un altro mezzo che bisogna recuperare e che ci può fare un bene infinito: la comunione spirituale.

LA COMUNIONE SPIRITUALE

Sappiamo che la comunione sacramentale non ha paragone e le grazie che Dio ci dà quando lo riceviamo fisicamente sono incommensurabili.

Ci sono però delle circostanze che ci impediscono di riceverlo nell’Eucaristia, come le attuali misure precauzionali che ci privano della possibilità di partecipare alla cena del Signore. Altre volte i nostri orari di lavoro o gli impegni sociali ci impediscono di partecipare alla messa quotidiana come vorremmo. Ci sono delle persone che, anche se partecipano all’Eucaristia dominicale, non possono avvicinarsi alla Comunione perché non si sentono preparate o altre circostanze glielo impediscono.

In queste situazioni si può fare sempre una comunione spirituale, che consiste, secondo san Tommaso, in un desiderio ardente di ricevere Gesù sacramentato ed in un abbraccio amoroso come già fosse ricevuto. In parole semplici è una preghiera in cui diciamo a Gesù: io vorrei riceverti nell’Eucaristia, ma siccome non posso, ti chiedo di darmi spiritualmente tutte le grazie che mi daresti se potessi riceverti sacramentalmente.

Sarebbe fantastico che tutti noi riuscissimo a formare l’abitudine di fare quotidianamente la comunione spirituale, che possiamo farla in chiesa, ma anche a casa, in macchina, mentre camminiamo, come preghiera del mattino, ecc. Gesù veramente ci ascolta e ci dà tutte le grazie che ha preparate per noi se vede che noi ci teniamo veramente a riceverle.

Suggeriamo qui una formula per la comunione spirituale, che possiamo imparare e recitare ogni giorno. Che questo tempo di precarietà Eucaristica non diventi un tempo di precarietà spirituale. Dio è sempre con noi, solo dobbiamo guardare più frequentemente dentro di noi e allora lo faremo brillare.


Possibile formula per la comunione spirituale

Gesù mio, credo che Tu sei nel Santissimo Sacramento. Ti amo sopra ogni cosa e Ti desidero nell’anima mia. Poiché ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore.

(breve pausa in cui unirsi a Gesù)

Come se Ti avessi già ricevuto, io Ti abbraccio e mi unisco tutto a Te; non permettere che mi separi mai da Te.