La liturgia di questa quarta Domenica di Quaresima ci presenta il vangelo della guarigione di un uomo nato cieco. Gesù vide questo uomo sofferente, «sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: “Va’ a lavarti nella piscina di Siloe” – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva». In questo brano, davanti al miracolo di Gesù, troviamo quattro atteggiamenti diversi che possono rispecchiare anche quattro prospettive della situazione attuale. 

1. I discepoli

Un primo atteggiamento è quello dei discepoli. Prima del miracolo vedono il cieco che, poverino, era nato così e domandano a Gesù: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Loro, figli della mentalità dell’epoca, vedevano la malattia e le disgrazie come una punizione di Dio. Gesù invece non la pensa così, per questo risponde: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio». 

In questa sofferenza provocata dal Coronavirus alcuni cristiani si chiedono, come gli apostoli, se Dio non ci stia castigando, dicono che sicuramente Dio ha mandato questa epidemia per punirci per i nostri peccati… Gesù, però, ci corregge come ha fatto con i discepoli: “Non è colpa di nessuno, a me non piace quando voi soffrite, ma quando io permetto una sofferenza nella vostra vita è perché voglio tirare fuori qualcosa di buono”.

Cosa può tirare fuori Dio dalla sofferenza? Solo Lui lo sa, ma di una cosa siamo certi, se passiamo tutto il tempo a lamentarci e a cercare i colpevoli non riusciremo mai a trovare il bene che si può ricavare persino dal male. Questo è poco ma sicuro.

2. La folla

San Giovanni dice che i giudei, che conoscevano quello che era stato cieco, cominciano a chiedersi come mai ora vedesse, il cieco racconta a loro cosa aveva fatto Gesù e come aveva acquistato la vista, ma la gente resta incredula, persino dubitano che fosse stato davvero cieco o che forse si stessero confondendo e l’uomo che era lì davanti a loro non era quel cieco che avevano conosciuto fuori dal tempio. In definitiva, erano chiusi a qualunque azione miracolosa.

Ci sono tante persone che possono star vivendo questa epidemia come puri spettatori, cercando tutte le informazioni sui fatti, le statistiche, le cause, le conseguenze… Non voglio dire che stiano facendo qualcosa di sbagliato, assolutamente! Ma forse sono tanto impegnati a informarsi che non stanno riuscendo a tirare fuori il bene da questa situazione. Vivono le nostre stesse restrizioni ma come una pura sopportazione, un male che tutti quando dobbiamo accettare con la povera consolazione di “c’è chi sta peggio…”.

Non dobbiamo accontentarci del sopportare, del vedere dalle mura della nostra casa come vanno le cose. Dobbiamo fidarci del Signore e della nostra buona volontà per trovare un senso alla nostra giornata e non accontentarci di vivere la nostra quarantena solo con “pazienza”, ma con uno spirito positivo. Dio benedice chi fa fronte alla difficoltà con la testa alta e con il sorriso sulle labbra. Non dobbiamo permettere che questo virus che ci ha già sconvolto la società che ora ci deprima e ci amareggi la vita. 

3. I farisei

Forse questi sono quelli che ci danno più tristezza… Erano gli osservanti del popolo, gli attaccati alla Legge e alle tradizioni, ma erano completamente chiusi a Gesù. La folla porta il povero cieco davanti a loro e, invece di accettare il potere di Gesù, cercano ogni spiegazione razionale «Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista». Cercano persino, davanti all’evidenza del miracolo, qualunque motivo per accusare Gesù «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Non potendo trovare motivi convincenti ricorrono alla loro autorità morale per obbligare a negare l’evidenza «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». E quando il cieco fa capire a loro che l’unica soluzione possibile è la fede in Gesù, loro si inaspriscono e si chiudono nel loro orgoglio «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?».

Ci sono purtroppo alcuni così anche in questa epidemia. Questi non fanno altro che lamentarsi del governo per aver messo queste misure, della Chiesa per aver sospeso le messe, della famiglia perché non possono scappare fuori casa, della Serie A perché ci hanno privato delle partite, si lamentano persino di non avere un cane da portare fuori… Così si vive solo amareggiati, chiusi a ogni bene che potrebbero ricavare da questa situazione.

4. Il cieco

Quest’ultimo è quello più fortunato, non solo perché ha ricevuto il miracolo «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo», ma anche perché ha ricevuto il dono della fede «Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: “Tu, credi nel Figlio dell’uomo?”. Egli rispose: “E chi è, Signore, perché io creda in lui?”. Gli disse Gesù: “Lo hai visto: è colui che parla con te”. Ed egli disse: “Credo, Signore!”. E si prostrò dinanzi a lui».

Questo mi fa pensare a tutte quelle persone non si angosciano per lo sconvolgimento della loro vita, ma cercano di trovare il bello in questa situazione forzata. Sanno che “Se la vita ti offre limoni, fai una bella limonata” e senz’altro che la fanno! 

Sono quelle persone che stanno approfittando per ridere in famiglia, per leggere, per conoscersi di più, per giocare a giochi di società con loro, per cucinare insieme. Sono quei cristiani che dedicano del tempo alla preghiera, cosa che il ritmo vertiginoso della nostra società ostacola, si riservano del tempo per fare una telefonata a qualche persona sola, a un amico o parente che non sentono da tempo. 

Sono in definitiva delle persone che non sprecano tempo nel chiedersi di chi sia la colpa, non vivono questa situazione come puri spettatori e non perdono la pace lamentandosi di ogni persona che passa per la loro mente. Sono persone positive, che ridono, che amano e che Dio benedirà grandemente.

Che il Signore ci conceda la grazia di vivere questo disaggio con spirito positivo, cercando di ritrovare Dio, la nostra famiglia e noi stessi. Aiutati che Dio ti aiuta.