La risurrezione di Lazzaro (Gv 11,1-45)
La risurrezione e la vita
Il vangelo di questa domenica ci presenta un altro dei grandi miracoli di Gesù: questo miracolo può dirci tanto in questa quarantena che ci fa stare in pensiero per noi, per i nostri cari, per i nostri amici, per l’economia, per la società.
Il testo inizia con un semplice «In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània era malato». Parole semplici ma che ci mettono già in sintonia con questo uomo che è colpito da una malattia (e in seguito muore) e con il dolore delle sorelle e degli amici che non sanno più cosa fare.
Anche nel nostro attuale disagio e nella sofferenza profonda per molti, possono sorgere tanti perché, abbondanti lacrime e forte scoraggiamento davanti alle notizie che ci giungono, dubbi davanti al futuro che ci aspetta. Perché Dio lo permette?
Dio sa perché…
È molto bello il richiamo di Marta, sorella di Lazzaro, che manda dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». In una frase così semplice il Vangelo ci mostra Marta che ha una profonda consapevolezza dell’amore di Gesù, anche nel mezzo alla malattia di suo fratello non dubita in assoluto del suo amore. La certezza di Marta deve essere anche quella nostra: «Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? (…) Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,35-39).
Questo è bello! Ma… Gesù non ci rende le cose così facili… Infatti, quando riceve la notizia della malattia del suo amico, mica accorre subito a guarirlo! Anzi, dice il Vangelo che «rimase per due giorni nel luogo dove si trovava». Perché Gesù non ascolta subito le nostre preghiere? Sappiamo che ci ama, ma… non capiamo come mai non elimina subito questa pandemia, se tutto il mondo prega e prega?
Questo nostra perplessità l’hanno avuta anche i giudei, che sapendo quanto Gesù amava Lazzaro si chiedono: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?». Persino Marta e Maria, appena vedono Gesù, dicono: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!»; non dubitavano dell’amore di Gesù ma non capivano perché Gesù non fosse arrivato prima a guarire il loro fratello… Siamo perplessi, ma ancora una volta Gesù vuole dirci: “Fidatevi di me”. Infatti, questo è ciò che Gesù intende quando dice ai suoi apostoli: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate». Queste parole potrebbero suonare fredde e insensibili, ma questo brano del Vangelo ci mostra un aspetto bellissimo della persona di Gesù: Il suo cuore che soffre veramente per noi.
Gesù si commuove e piange
Ad un primo sguardo potrebbe sembrare che a Gesù importi solo la vita eterna, come se fosse insensibile al nostro dolore. Qualcuno potrebbe persino pensare che Gesù si diverta a mandarci la sofferenza per insegnarci qualcosa. Questo atteggiamento è completamente lontano dal cuore di Gesù. Lui è un vero padre che, se deve incidere con il bisturi o fare ingoiare uno sciroppo amaro per guarire, non esita a farlo, ma non è in modo assoluto insensibile alla nostra sofferenza.
Il Vangelo ci racconta che Maria, l’altra sorella di Lazzaro, va da Gesù e gli si butta ai piedi piangendo, con il cuore a pezzi, ed ecco cosa ci dice l’evangelista Giovanni: «Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente». Questo è il nostro Signore! Non è un Maestro insensibile che vuole solamente impartire insegnamenti, ma è un Padre buono che soffre quando noi soffriamo.
Lo vediamo anche quando arriva alla tomba del suo amico morto. Dice il Vangelo che «Gesù scoppiò in pianto». Quanto doveva essere il dolore di Gesù! San Giovanni non dice solamente che si commosse e che gli scappò qualche lacrima, ma che “scoppiò in pianto”. Per questo i giudei, vedendo la scena, esclamano: «Guarda come lo amava!».
Gesù non resta impassibile davanti alla sofferenza che provoca questa epidemia. Gesù ci chiede fiducia in Lui, che se permette un male è perché è capace di tirare fuori da esso un grande bene; ma ci supplica anche di non dubitare mai del suo amore, di non considerarlo un Dio lontano e impassibile che non si compatisce della nostra sofferenza. «Infatti, non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno» (Eb 4,15-16).
“Accostiamoci dunque”. È questo ciò che Marta ha detto a sua sorella Maria. Lei, dopo aver parlato con il Signore, va da sua sorella e le dice: «Il Maestro è qui e ti chiama». Suo fratello era morto, lei piangeva, niente la poteva consolare, ma il Signore comunque la chiama. In questa situazione anche noi ascoltiamo continuamente quel Il Maestro è qui e ti chiama. Non dobbiamo restare seduti a soffrire, ma correre verso Gesù che ci vuole consolare, che ci vuole illuminare e ci vuole dare tanta forza. Ma se non andiamo da Lui e restiamo seduti e sprofondati nella nostra angoscia, come potrà Gesù dare senso e conforto alla nostra sofferenza?
Gesù è la risurrezione
Se Dio ci ama, se Dio ci compatisce della nostra sofferenza, se ci ha detto nel Vangelo «Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto» (Lc 11,9), allora perché non ci risolve questa situazione se stiamo pregando e pregando, persino lo facciamo insieme al Papa? Dice l’apostolo san Giacomo: «Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male» (Gc 4,2-3). Come dobbiamo allora chiedere?
Gesù dice a Marta: «Io sono la risurrezione e la vita». Ecco! Ci può sfuggire un dettaglio importante. Gesù dice “Io sono la risurrezione”, non dice “Io faccio risorgere”. Sfumature? Forse, ma decisive.
A Gesù non piace essere visto come un supermercato a cui accorriamo nel momento del bisogno, ma poi il supermercato resta là e io torno a casa mia con ciò di cui avevo bisogno. Gesù non dice “Io faccio risorgere”, perché non vuole essere usato. Gesù dice piuttosto: “Portami a casa tua, mettimi nel tuo cuore, perché a me non piace agire da lontano, ma se sono dentro il tuo cuore allora io ti proteggerò, io ti consolerò, io ti illuminerò e ascolterò le tue preghiere. A me non piace inviarti le cose per corriere, ma portartele di persona e scartarle insieme a te. Ma se non mi lasci entrare… io resterò fuori dalla tua porta con il pacco tra le mani”. Per questo disse Gesù a Marta: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà».
La nostra preghiera DEVE essere accompagnata da un sincero cammino di conversione e di crescita nell’unione con Dio. Servirà a poco stordire il Signore con tante preghiere se queste non andranno accompagnate da più fede, più fiducia e più amore. Non significa solo credere che Lui c’è e fare in continuazione la nostra professione di fede, significa fidarsi di Lui, dargli lo spazio più importante nella nostra vita, nella nostra famiglia, nella nostra società.
La fede è il punto debole di Dio. Se vede che noi ci fidiamo davvero di Lui e lo amiamo con tutto il cuore, non potrà mai negarsi a esaudire la nostra preghiera. Per questo disse chiaramente a Marta: «Chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno».
E dopo la pandemia…?
Ecco l’altra nostra preoccupazione: la paura del futuro. È già angosciante non sapere quando finirà tutto questo e potrebbe persino esserci la tentazione di contrastare pesantemente lo spirito positivo di alcune persone che insistono “Tutto andrà bene”. Como potrà andare tutto bene dopo tutti quei morti? Come potrà andare tutto bene se tante persone si troveranno senza lavoro, senza cibo e senza l’affetto di alcuni dei loro cari? Come potrà andare tutto bene se ci sarà la depressione economica?
Nonostante alcuni sentiranno la tentazione di considerare degli illusi coloro che diffondono quel “Tutto andrà bene”, penso che potremmo anche noi asserire con certezza che “Tutto andrà bene” ma io solo lo farei precedere da un “SE…”. Se noi ci fidiamo di Dio e lo lasciamo entrare nel nostro cuore, nella nostra famiglia e nella nostra società, allora sì tutto andrà bene.
Quando Marta va da Gesù sconfortata, Gesù le dice: «Tuo fratello risorgerà». Non si accontenta con risponderle: “Non preoccuparti, tuo fratello è in cielo e non soffre più”, perché è vero che a Gesù importa soprattutto la salvezza della nostra anima, ma non è indifferente al nostro benessere in questo mondo. Lui moltiplicò i pani e i pesci, guarì ciechi, storpi, muti, sordi e fece risorgere Lazzaro, il figlio di una vedova e la figlia del capo della sinagoga; Lui ci tiene anche al nostro star bene in questo mondo. La cosa più importante è la salvezza eterna, sì, ma non vuol dire che la vita terrena non conta niente per Lui.
“Ma la situazione dopo la pandemia sarà molto dura…”. Sì, dovremo stringere la cintura, ma non ci mancherà il necessario: «Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena» (Mt 6,31-34).
Anche per le sorelle di Lazzaro tutto era difficile ed era impossibile trovare una soluzione, guarire il fratello sarebbe stato semplice, ma… risuscitarlo…? E la cosa si sembrava ancora più dura, perché non è che fosse appena morto, ma era persino sepolto già da diversi giorni! Infatti, la sorella dice: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Cosa in più si poteva fare? Non resta altro che rassegnarsi? Noi diciamo “A tutto c’è rimedio fuorché alla morte”, ma Lazzaro era ormai morto… Per tutti quanti era morto, ma non per Gesù, per Lui era solo addormentato.
Gesù aveva detto agli apostoli «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Per Gesù c’è rimedio persino alla morte. Se noi ci fidiamo di Dio, se lo lasciamo entrare dentro noi, allora sì che TUTTO ANDRÀ BENE, non perché sarà tutto facile ma perché Lui sarà con noi e non ci farà mancare il necessario.
Lui è la risurrezione e la vita. Non dobbiamo accontentarci di pregare come se stessimo chiedendo qualcosa ad Amazon, eBay o Wish, piuttosto cerchiamo di far entrare Dio nel nostro cuore, riempirlo di attenzioni, amarlo, e vedremo che sarà lui ad agire dal di dentro. Possiamo essere certi che, con Dio, nel post-pandemia non ci mancherà il necessario.
Noi, che siamo chiusi dentro le nostre paure, le nostre preoccupazioni e il nostro scoraggiamento, ascoltiamo la voce del Signore che grida: «Lazzaro, vieni fuori!». Siamo già chiusi nelle nostre case, non chiudiamoci alla fiducia nel Signore.